Referendum: questo non è un quesito, è una truffa
Questo quesito, così come è formulato è una truffa ai danni dei cittadini.
di Luigi Pecchioli
Vero che il quesito riproduce fedelmente il titolo della legge costituzionale approvata dalle Camere, ma correttezza avrebbe voluto che si usasse il metodo della specificazione dei contenuti, come previsto dall’art. 16 L 352/70. Così com’è il quesito da un informazione non corretta e manipolata.
A parte le disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, che ci può stare (anche se in effetti più che superarlo hanno creato un bicameralismo incasinato…) e la dichiarazione di ridurre il numero dei parlamentari, senza badare alla qualità di quelli che mettono in sostituzione, la parte vergognosamente falsa è quella che afferma che le disposizioni sono per “il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”: qui si parla in pratica di una riduzione del 8% delle spese del Senato, ovvero lo 0,06% delle spese totali dello Stato. Parliamo di un risparmio, al lordo delle minore entrate fiscali di 79 milioni di euro, al netto di 49 milioni di euro, su un bilancio dello Stato di sole spese correnti per il 2016 stimate in 579 miliardi di euro, come risulta dalla tabella del Ministero delle entrate:
Evidenziare nel quesito questo irrisorio risparmio è totalmente fuorviante per un cittadino che non conosce questi numeri, magari che ha sentito da televisioni compiacenti la Boschi parlare di 500 milioni di risparmio (totalmente falso e smentito dalla stessa Ragioneria dello Stato), nutrito a “Stato ladro” da trasmissioni propagandistiche e che legge solo la frase suggestiva “contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”. Come se io mi gloriassi di contenere le mie spese familiari perché rinuncio ad un pacchetto di gomme al mese…
Il quesito a parte ciò è comunque suggestivo, poiché prende alcuni aspetti di sicuro richiamo, ancorché sostanzialmente falsi e superficiali ed omette, con il generico richiamo al titolo V, di avvertire i cittadini che si sta ad esempio cercando di smantellare il sistema del decentramento, togliendo materie importanti alla legislazione locale, come la tutela paesaggistica, la salute, l’ordinamento scolastico e soprattutto la sicurezza alimentare, visto che spesso si cercava di preservare le eccellenze e la sicurezza dell’origine locale protetta contro l’attacco dell’Europa asservita alle multinazionali, quella della liceità del Parmesan, tanto per capirci…
Non solo. L’art 117 Cost. prevede anche il superamento da parte dello Stato centrale dell’autonomia legislativa locale, ed il suo scavalcamento, in nome dell’”interesse nazionale”, concetto vago quanto pericoloso, potendosi estendere all’infinito, come ben sanno gli Stati totalitari.
Nulla dice il quesito dell’asservimento all’Unione Europea, attraverso il controllo obbligatorio di conformità della legislazione nazionale a quella comunitaria dato come compito al nuovo Senato ed i vincoli di rispetto incondizionato a tale normativa dati agli Enti locali. Nulla ancora sull’aumento del quorum per il referendum e per la proposizione delle leggi di iniziativa popolare, addirittura quest’ultimo triplicato. Si parla di abolizione del CNEL, ma non si dice che i componenti e coloro che ci lavorano saranno riassorbiti, senza alcun risparmio per le casse dello Stato.
Un quesito vergognoso, dunque, che riproduce un titolo voluto dalla propaganda renziana e che fa strame dell’obiettività che un referendum deve avere per permettere una decisione serena ai cittadini chiamati ad esprimersi su una materia delicata e fondamentale come quella di una riforma costituzionale.
Fa specie che la Corte di Cassazione non abbia avuto nulla da rilevare: certo la nomina degli ultimi Giudici della Corte Costituzionale faceva intuire che c’è una manovra in atto per spostare gli equilibri (ricordo che gli ultimi due si erano espressi a favore del pareggio di bilancio, norma che di fatto impedisce allo Stato di perseguire i compiti a lui affidati dall’art. 3 comma II Cost.), ma permettere che sia dichiarato ammissibile dall’Ufficio Centrale per il referendum un quesito così palesemente di parte e fuorviante è sintomo di un grave vulnus democratico, che la riforma, unità all’effetto perverso dell’Italicum, non potrà che ampliare.
Oltretutto il quesito sembra non perfettamente in linea con quanto previsto dalla citata L. 352/70 che regola l’indizione del referendum costituzionale: l’art. 16 infatti dichiara che il quesito deve essere posto nei seguenti termini: «Approvate il testo della legge di revisione dell’articolo… (o degli articoli …) della Costituzione,
concernente … (o concernenti …), approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?»; ovvero (e questo è il metodo che è stato furbescamente scelto): «Approvate il testo della legge costituzionale … concernente … approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?». Il quesito approvato dall’Ufficio Centrale sembra comunque tralasciare alcuni di questi elementi ed essere eccessivamente generico.
Adesso si capisce perché la stessa maggioranza ha chiesto il referendum, con procedura totalmente anomala: così ha potuto modellare il quesito sulla sua propaganda e ripetere il titolo chiaramente propagandistico voluto per la riforma costituzionale.
Speriamo comunque che gli italiani vadano oltre il testo del quesito e percepiscano i danni di questa pasticciata, sciatta e pericolosa riforma.